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Il diritto per il lavoro

Il Blog di Pierluigi Rausei

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Postilla » Lavoro » Il Blog di Pierluigi Rausei » Responsabilità e sanzioni » La diffida per la nuova maxisanzione

22 ottobre 2015

La diffida per la nuova maxisanzione

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Il nuovo art. 3, comma 3-bis, del d.l. n. 12/2002, convertito dalla legge n. 73/2002, come introdotto dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 151/2015, prevede l’applicazione della procedura di diffida da parte del personale ispettivo, fatta eccezione per le ipotesi di lavoro “in nero” di lavoratori stranieri irregolari e di minori non in età da lavoro: la diffida consentirà al datore di lavoro che regolarizza tempestivamente, ottemperando alla diffida a regolarizzare, di essere ammesso al pagamento della sanzione ridottissima pari al minimo della sanzione edittale per ciascuna fascia di irregolarità (ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 124/2004).

Il Ministero del Lavoro nella Circolare n. 26 del 12 ottobre 2015 ha specificato che anche in mancanza di regolarizzazione gli ispettori del lavoro potranno agire a tutela del reddito del lavoratore occupato irregolarmente azionando il potere di diffida accertativa per i crediti patrimoniali di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 124/2004.

Tuttavia, di particolare complessità risulta la procedura introdotta al comma 3-ter rispetto ai contenuti specifici della diffida a regolarizzare.

In effetti, fatta eccezione per le ipotesi di lavoratori già “in nero” regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo o non più in forza, gli ispettori dovranno diffidare il datore di lavoro a stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (si ritiene anche in apprendistato), anche a tempo parziale se con riduzione dell’orario non superiore al 50%, oppure un contratto a termine a tempo pieno purché di durata non inferiore a 3 mesi, con mantenimento in servizio dei lavoratori assunti per almeno 3 mesi, pari a “90 giorni di calendario” secondo le indicazioni ministeriali.

La Circolare n. 26/2015 sul punto specifica relativamente all’ipotesi di una interruzione del rapporto di lavoro regolarizzato: “Nelle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo compreso tra l’accesso ispettivo e la notifica del verbale unico, è comunque possibile – ferma restando la regolarizzazione del periodo “in nero” pregresso – che l’adempimento alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo. All’esito della verifica, tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi, entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico”. D’altra parte, emergono perplessità in merito alla materiale praticabilità della diffida nei casi in cui il lavoratore non voglia o non possa (ad esempio per ragioni personali o familiari o per altri impegni lavorativi derivanti da altri preesistenti rapporti di lavoro) permanere in azienda per tre mesi, ovvero si dimetta volontariamente durante il rapporto con cui è stato stabilizzato o ancora quando l’azienda non può assumerlo perché ha cessato le attività lavorative cui il lavoratore era addetto, per la sua tipologia o per le caratteristiche della prestazione lavorativa (ad esempio: attività stagionali in agricoltura o nel turismo, o anche la fine delle attività o delle fasi di cantiere in edilizia).

La prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni, dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi previsti va fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale di accertamento e notificazione (art. 13, comma 5, d.lgs. n. 124/2004).

Su questo aspetto la Circolare n. 26/2015 si presenta particolarmente attenta e incisiva nel dettare le condizioni di effettività della diffida a regolarizzare: “appare opportuno specificare che entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale deve pertanto trovare pieno compimento l’intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore. Va inoltre precisato che l’adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima (…), in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida”.

Con Circolare n. 26/2015 il Ministero del lavoro ha chiarito che la nuova diffida speciale opera soltanto per lavoratori irregolari trovati ancora in forza, specificando che il rapporto di lavoro non potrà essere regolarizzato con contratto di lavoro intermittente e che in caso di contratto a termine dovranno essere comunque rispettati i limiti e i requisiti di cui al D.Lgs. n. 81/2015.

La Circolare n. 26/2015 precisa anche che il contratto di regolarizzazione sarà sottratto a qualsiasi agevolazione (compreso l’esonero contributivo di cui alla legge n. 190/2014) in considerazione della violazione del principio di cui all’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, per aver fatto svolgere attività lavorativa “in nero”.

Inoltre, le indicazioni ministeriali chiariscono che la decorrenza del contratto di mantenimento al lavoro dovrà avere corso dal primo giorno di lavoro irregolare, mentre il periodo trimestrale di mantenimento in servizio andrà calcolato dal giorno dell’accesso ispettivo in azienda, senza ricomprendere nel calcolo il periodo lavorativo “in nero”.

Se il lavoratore è stato già regolarizzato nel momento in cui viene notificato il verbale di accertamento (ad esempio, ai fini della revoca della sospensione dell’impresa), la diffida riguarderà soltanto il successivo mantenimento in servizio per almeno tre mesi (90 giorni).

Riguardo, invece, ai lavoratori non più in forza la diffida riguarderà la mera regolarizzazione del “periodo in nero” (nel termine di 45 giorni di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 124/2004, 30 dei quali per regolarizzare e 15 per il pagamento della sanzione minima), analogamente con riferimento ai lavoratori che risultano già regolarizzati per un periodo di lavoro successivo a quello irregolare. Quando, però, i lavoratori già “in nero” risultano in forza e pienamente regolarizzati (con instaurazione del rapporto di lavoro stabile per almeno 90 giorni e completa emersione del periodo lavorativo irregolare) il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore a pagare la sanzione ridottissima (nella misura pari al minimo edittale) adottando la cd. “diffida ora per allora” (con possibilità di pagare la sanzione minima entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale di accertamento).

Elementi e fasi della procedura di diffida a regolarizzare per la nuova maxisanzione

Tipologia di lavoro “in nero”

Presupposti per la regolarizzazione

Termine per ottemperare

Lavoratore “in nero” trovato in forza al momento dell’ispezione

- regolarizzazione di tutto il periodo di lavoro “in nero” con versamento di contributi e premi- sottoscrizione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part-time se con riduzione di orario non superiore al 50%, o a tempo determinato full-time purché di durata non inferiore a 3 mesi- mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi (90 giorni di calendario)- pagamento della maxisanzione nella misura minima

 

120 giorni

Lavoratore “in nero” non più in forza al momento dell’ispezione - regolarizzazione di tutto il periodo di lavoro “in nero” con versamento di contributi e premi- pagamento della maxisanzione nella misura minima

45 giorni

Lavoratore “in nero” trovato in forza al momento dell’ispezione, totalmente regolarizzato e mantenuto in servizio per almeno 90 giorni prima del verbale di accertamento e notificazione - pagamento della maxisanzione nella misura minima

120 giorni

Lavoratore “in nero” in forza al momento dell’ispezione, ma nel successivo periodo con rapporto di lavoro regolare - regolarizzazione di tutto il periodo di lavoro “in nero” con versamento di contributi e premi- pagamento della maxisanzione nella misura minima

45 giorni

La nuova procedura di diffida, nelle sue differenti variabili, impatta inevitabilmente anche sui profili del contenzioso amministrativo, sia per quanto attiene all’estinzione dell’illecito mediante pagamento in misura ridotta, sia per quanto concerne la presentazione del ricorso amministrativo al Comitato dei rapporti di lavoro. Su tale profilo la Circolare n. 26/2015, in effetti, è intervenuta ad eliminare qualsiasi dubbio sancendo espressamente che nel caso di contestazione di più illeciti, “diffidabili secondo termini diversi o anche non diffidabili”, la decorrenza del termine per il pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni, art. 16, legge n. 689/1981) muove dalla scadenza dei termini per l’adempimento alla diffida per la maxisanzione e il relativo pagamento della sanzione minima (120 giorni o 45 giorni); così pure il termine per la presentazione del ricorso amministrativo avverso il verbale di accertamento (30 giorni, art. 17, D.Lgs. n. 124/2004) decorre dalla scadenza del termine di 120 giorni previsto per ottemperare alla diffida (in tal senso le indicazioni ministeriali si presentano conformi a quanto già esposto nella precedente prassi amministrativa con Circolare n. 41/2010).

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Un commento a “La diffida per la nuova maxisanzione”

  1. Giorgio scrive:
    Scritto il 22-3-2018 alle ore 10:33

    Salve,
    in seguito ad accesso ispettivo mi trovo a pagare la maxisanzione nella misura minima e ad assumere i lavoratori obbligatoriamente per tre mesi.
    Se dovessi chiudere l’azienda prima dei tre mesi, potrei procedere al licenziamento e usufruire comunque della diffida? O incorrerei nella maxisanzione?
    Grazie

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